IERSA
soc.coop.sociale onlus
nel Sociale e Welfare
Il consultorio familiare Nuove Connessioni opera fin dal 2004 nell'ex distretto 12 del Comune di Palermo, a Borgo nuovo.
Il consultorio è un punto di riferimento per gli immigrati, i giovani, le coppie, le famiglie e tutte le persone in difficoltà.
I suoi operatori volontari si alternano nei giorni della settimana per il counseling specialistico Psicoterapeutico, Psicologico, Legale, Medico, Ass.Sociale, Pedagogico, Sociologico, Formativo e della Mediazione Culturale.
In altre regioni d'Italia, con la nostra consulenza, sono sorti altri consultori sullo schema esperienzale del consultorio "Nuove Connessioni"
soc.coop. IERSA
Il Consultorio, diretto dalla Dott.ssa Maria Rita Sillitti, opera anche come:
>> Centro di prevenzione e cura della Bulimia, Anoressia, Binge, Obesità e
Bullismo
>> Medicina narrativa
>>>e.mail - iersasc@gmail.com
>>>oppure
attraverso la pagina contatti del
sito
Il Consultorio “Nuove Connessioni” ha sviluppato negli ultimi anni uno standard operativo frutto di un’esperienza decennale in ambito psico-sociale. Attraverso le sinergie costruite negli anni tra le realtà operanti nel Distretto 12, che vede coinvolte in primo piano I.E.R.S.A. Istituto Europeo di Ricerca e Studi Antropologici soc.coop. e la Scuola Statale secondaria di I° grado “Gregorio Russo/Raciti”, con la collaborazione della cattedra di “Teoria e tecniche dei test” della Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Palermo.
Obiettivi del Consultorio
1. Sostegno all’assunzione delle responsabilità genitoriali e alle relazioni familiari
L’azione fonda le sue basi sulla convinzione che la prevenzione si fa in primo luogo per mezzo dell’educazione familiare e scolastica e che la scuola può essere una sede assai valida per mettere i genitori in condizione di riflettere sul loro ruolo e sul rapporto con i figli. Essa ha infatti come obiettivo la prevenzione delle cause del disagio giovanile ed ha il compito di:
• aumentare la competenza e la sensibilità pedagogica dei genitori, attraverso lo studio guidato, sia dei comportamenti infantili e adolescenziali, sia delle risposte educative degli adulti;
• fornire ai genitori informazioni e competenze, per una loro attività con altri genitori nel campo della prevenzione del disagio;
3) Migliorare le possibilità di conoscenza ed accesso al Consultorio (oltreché agli altri Servizi ed associazioni del privato sociale che si occupano di giovani), attraverso tutti i canali già esistenti;
4) Lavorare con i giovani stessi, a livello di gruppo e/o individuale, accogliendo le richieste di aiuto e fornendo interventi di ascolto e consulenza;
5) Effettuare, qualora venga richiesto, una valutazione psicologica attraverso l’uso di strumenti di psicodiagnosi testale.
3. Potenziamento delle azioni volte all’integrazione sociale delle famiglie immigrate
- Promozione del benessere, prevenzione dell’isolamento e dell’emarginazione degli immigrati attraverso il potenziamento di misure personalizzate socio-educative;
- Miglioramento dell’accessibilità ai servizi sociali, sanitari, culturali e ricreativi della propria città, permettendo agli immigrati di acquisire notizie ed informazioni utili per le loro necessità (scuola, accesso ai servizi ospedalieri, centro per l’impiego, orientamento ….) e per vivere più pienamente tutte le risorse, i servizi e le strutture territoriali esistenti.
Gli operatori del consultorio:
Psicologo-Psicoterapeuta, Mediatore Culturale, Consulente Legale, Consulente Medico, Pedagogista, Educatore professionale, Assistente Sociale.
direttore
Dott.ssa Maria Rita Sillitti
psicologa/psicoterapeuta
I disturbi
dell'alimentazione più comuni Bulimia, Anoressia,
Obesità
I
disturbi dell'alimentazione sono al giorno d'oggi molto frequenti.
Le stime spesso si riferiscono a disturbi più riconoscibili, ma
accanto a questi sono numerose le persone, in maggioranza le donne,
che hanno con il cibo un rapporto estremamente conflittuale.
Ultimamente si stanno osservando questi disturbi anche nella
popolazione maschile, ma il fenomeno è ancora oscuro e se ne parla
poco, in genere quando qualche fatto di cronaca mette sotto i
riflettori il mercato oscuro delle sostanze dopanti nelle palestre.
I disturbi dell'alimentazione si manifestano sotto forma di
modificazioni del peso, che può essere eccessivo (obesità),
eccessivamente ridotto (anoressia) o fluttuante, e sotto forma di
preoccupazioni eccessive rispetto al peso e alla forma del corpo
che possono portare ad assumere comportamenti alimentari
disordinati e pericolosi per la salute. Questi disturbi sono un
sintomo di un malessere sociale a livello dell'identità e delle
relazioni. Per questo è importante conoscerli e cercare di
affrontarli tempestivamente.
È possibile operare una distinzione tra i vari tipi di disturbi dell'alimentazione: l'anoressia nervosa, la bulimia nervosa e i disturbi dell'alimentazione non altrimenti specificati. Esiste, poi, tutta una varietà di comportamenti alimentari quantitativamente e qualitativamente alterati. Tra i primi rientra l'"iperfagia" che è caratterizzata da un introito calorico eccessivo e in genere ha origine nelle cattive abitudini alimentari della famiglia. Un altro comportamento alimentare quantitativamente alterato è l'"atto di piluccare" che è una condotta che si realizza lontano dai pasti e consiste nel consumare continuamente del cibo nel corso delle attività quotidiane (in genere è un solo tipo di cibo, facilmente reperibile, per esempio patatine o biscotti).Tra i comportamenti alimentari qualitatitavimante alterati rientrano i comportamenti alimentari che tendono all'ascetismo (il rinunciare ad un cibo particolarmente amato), il disgusto o il rifiuto selettivo di altri cibi, per esempio i piatti tradizionalmente familiari. C'è poi l'obesità, un fenomeno che negli ultimi anni sta diventando un'emergenza sanitaria nei paesi occidentali: un problema che la maggior parte delle volte non ha origine nell'adolescenza o nell'età adulta, ma nell'infanzia, spesso nel primo anno di vita.
Un po' di storia dei disturbi del comportamento alimentare
Probabilmente il primo studioso che descrisse in
modo particolareggiato un quadro anoressico fu George
Morton che
nel 1689 scrisse un trattato
"Phitisiologia: or a Treatise of consumption" (Tisiologia o
trattato sulla consunzione) in cui descrisse una particolare forma
di consunzione in cui erano presenti deperimento, inappetenza,
iperattività e amenorrea senza però febbre, tosse e dispnea, i
classici sintomi della consunzione. Per questo motivo l'autore
ritenne che la malattia fosse di origine
nervosa.
L'anoressia fu riconosciuta come entità clinica
tra il 1868 e il 1873. Le pazienti affette
da anoressia suscitavano grande stupore.
Oltre al rifiuto caparbio del cibo e all'iperattività che sembrava
crescere di pari passo con la consunzione del
corpo,l'anoressia, che ha origini mentali e
nervose, aveva delle implicazioni e conseguenze sul piano
familiare. Nel 1914 i disturbi legati all'anoressia furono
identificati con una malattia organica endocrina. Da quel momento e
fino agli anni '40 l'anoressia venne
vista come una disfunzione del sistema
endocrino.
Il primo a descrivere
la bulimia fu Cullin nel
1772, il quale parlò di
"bulimia emetica" per descrivere
un'introduzione forzata di cibo seguita da rigurgito per
l'eccessiva quantità. Solo nel 1979 ricevette la denominazione
di bulimia nervosa: un disturbo che si poneva
tra l'anoressia e l'obesità, con le
stesse caratteristiche preoccupazioni delle anoressiche ma con il
ciclo mestruale ed un peso ancora adeguato e con una alta frequenza
di depressione (in una percentuale compresa tra il 25 e il 75 per
cento). Col termine bulimia nervosa si
ampliò il concetto precedente
di bulimia che si riferiva alle sole
abbuffate.
Tipi di
disturbi del comportamento alimentare
Il termine "anoressia" deriva
dal greco an-orexis che significa mancanza dell'appetito.
L'anoressia si caratterizza per il rifiuto di
mantenere il proprio peso corporeo al di sopra o ai livelli minimi
rispetto a quanto previsto in relazione all'altezza, o anche
l'impossibilità di raggiungere il peso previsto (se nel periodo di
crescita dell'altezza). Per soddisfare questo criterio il peso deve
essere del 15 per cento inferiore a quello previsto.
Nell'anoressia è presente un'estrema paura di
ingrassare o prendere peso anche in una situazione di sottopeso. La
persona vive in modo alterato la forma e il peso del proprio corpo,
legando a queste caratteristiche la valutazione del sé. Inoltre non
ammette la gravità della situazione in caso di sottopeso. È inoltre
presente amenorrea (mancanza del ciclo mestruale per almeno 3
mesi). È possibile distinguere due sottotipi di
anoressia:
Il termine "bulimia" deriva dal
greco bous che significa bue e limos che significa fame.
Dunque bulimia significa letteralmente
fame da bue. Nella bulimia sono presenti
abbuffate ricorrenti che hanno la caratteristica di portare
l'individuo a consumare un'enorme quantità di cibo, soprattutto in
relazione al tempo e alle circostanze, con la sensazione di perdita
di controllo, di non riuscire a fermare la qualità e la quantità di
cibo ingerito.
Accanto alle abbuffate sono presenti
comportamenti (condotte) per limitare l'aumento di peso come
digiuni o condotte di eliminazione (vomito auto-indotto, uso di
lassativi o diuretici, eccessivo esercizio fisico). Le abbuffate e
le condotte di compensazione devono essere presenti per tre mesi,
con una media di due volte a settimana. Come per
l'anoressia nervosa l'autostima è
eccessivamente influenzata dal peso e dalla forma del corpo. Anche
per la bulimia esistono due
sottotipi:
Nella categoria disturbi dell'alimentazione non altrimenti specificati rientrano idisturbi dell'alimentazione che non soddisfano i criteri suddetti per anoressia nervosa e bulimia nervosa. Possono costituire un esempio le donne che in presenza di tutti i criteri per una diagnosi di anoressia nervosa continuano ad avere il ciclo mestruale, o le cui condotte eliminatorie non hanno una frequenza di due volte a settimana.
Diffusione dei disturbi del comportamento
alimentare
Secondo il Manuale Statistico e Diagnostico dei
Disordini Mentali (DSM), l'anoressia
nervosa colpisce tra lo 0,5 e l'uno per cento delle
donne in tarda adolescenza o nella prima età adulta. Per quanto
riguarda la bulimia nervosa la
percentuale sale dall'uno al 3 per cento. Anche in questo caso si
parla prevalentemente di donne in tarda adolescenza e prima età
adulta. I disturbi dell'alimentazione non altrimenti
specificati sono rilevabili nel 2-5 per cento delle
giovani donne. I disturbi dell'alimentazione
incontrollata si distinguono dall'anoressia
nervosa e dallabulimia
nervosa per la diversa fascia d'età in cui sono più
frequenti: la maggior parte delle persone colpite ha un'età
compresa tra i 30 e i 50 anni.
Alcune recenti ricerche hanno evidenziato che
i disturbi dell'alimentazione hanno una
prevalenza del 2-3 per cento nella popolazione adulta e dell'8 per
cento tra i soggetti obesi. Questi dati probabilmente non rendono
conto della reale diffusione dei disturbi dell'alimentazione. Si
ritiene, infatti, che considerando le situazioni sub-cliniche
(quelle, cioè, che non soddisfano tutti i criteri per una diagnosi)
i tassi di prevalenza dei disturbi del comportamento
alimentare possano raggiungere il 5-15 per
cento.
Un altro dato importante è la grande differenza a
livello di prevalenza dei disturbi
dell'alimentazione per quanto riguarda gli uomini e
le donne. Questa differenza è più evidente per l'anoressia
nervosa e la bulimia
nervosa mentre risulta meno marcata per i disturbi
dell'alimentazione incontrollata. Le proporzioni donna/uomo si
valutano in un rapporto di circa 4 a 1 nell'anoressia nervosa, 11 a
1 nella bulimia nervosa e 1,5 a 1 nei disturbi
dell'alimentazione incontrollata.
Disturbi correlati ai disturbi
dell'alimentazione
Spesso i disturbi
dell'alimentazione si associano con la depressione e
i disturbi d'ansia. L'abuso di sostanze è frequente nelle pazienti
bulimiche ma non in quelle anoressiche, laddove il disturbo
ossessivo-compulsivo è molto più comune nelle pazienti anoressiche
rispetto alle bulimiche. Sono inoltre spesso associati
ai disturbi dell'alimentazione anche i
disturbi delle personalità.
Decorso dei disturbi
dell'alimentazione
L'età media d'esordio
dell'anoressia nervosa è di 17 anni. Si
ritiene, inoltre, che intorno ai 14 e ai 18 anni ci sia la più alta
percentuale d'esordio di anoressia nervosa.
Anche se molte pazienti guariscono, esse continuano ad avere un
rapporto molto difficile con l'alimentazione e in diversi casi il
disturbo passa dall'anoressia nervosa alla bulimia nervosa o
ai disturbi dell'alimentazione
incontrollata. Si ritiene, poi, che siano
maggiormente a rischio le pazienti che mantengono un basso peso.
Il tasso di mortalità è piuttosto
elevato. Si stima che circa il 15 per cento delle pazienti muoia o
per complicanze cliniche o a causa di disturbi psichiatrici
correlati. Il suicidio ha una frequenza abbastanza
elevata.
La bulimia nervosa ha
in genere inizio nella tarda adolescenza e nella prima età adulta.
La bulimia nervosa viene considerata una
malattia ad andamento cronico in cui sono frequenti remissioni e
ricadute. Il decorso della bulimia
nervosa si differenzia notevolmente tra pazienti
trattate e non trattate. In genere le pazienti non trattate vanno
incontro ad un peggioramento, mentre quelle che hanno ricevuto un
trattamento hanno un decorso più favorevole.
L'anoressia nervosa
Spesso l'anoressia
nervosa inizia con il semplice desiderio di perdere
qualche chilo di troppo. In diversi casi si tratta di ragazze
chenell'infanzia hanno presentato un sovrappeso.
In questi casi l'iniziativa viene approvata dalla
famiglia e non sono rari i casi di madre e figlia che iniziano
insieme una dieta. Altre volte è possibile individuare dei chiari
fattori scatenanti l'anoressiacome una perdita, un
lutto, un conflitto familiare, una nascita.
Dimagrimento e
anoressia
All'inizio
dell'anoressia spesso c'è un dimagrimento
moderato, ma una volta raggiunto il peso inizialmente sperato
l'anoressica continua a dimagrire. In genere il quadro va a
stabilizzarsi nel giro di 3-6 mesi. Ciò che si osserva è una
straordinaria determinazione nel perseguimento dell'obiettivo di
dimagrire. Questo avviene nonostante la fame intensa. Infatti
nonostante il
termine "anoressia" significhi "perdita
dell'appetito", la maggior parte delle volte questo
sintomo compare nelle fasi più gravi, quando si arriva alla
cachessia, causato probabilmente dalla secrezione di alcune
endorfine ad effetto anoressizzante.
Molti autori ritengono che
l'anoressica provi un vero e
proprio godimento nel controllare la fame.
Con l'andare avanti del tempo,
l'anoressica adotta tutto un insieme di
comportamenti peculiari: riduce sempre più il numero di alimenti,
tritura e sminuzza il cibo, lo mastica smisuratamente e spesso lo
risputa.
Non è raro che ad un certo punto l'iper-controllo
venga a mancare e l'anoressicaabbia
un'abbuffata. Questo episodio viene vissuto
come intollerabile e comporta non solo la pratica delle condotte di
eliminazione (vomito) ma è anche probabile che la dieta e il
controllo diventino ancora più restrittivi. Il peso viene
controllato ogni giorno e dall'esito della bilancia deriverà un
senso di trionfo (in caso di ulteriore perdita) o di rabbia e
tristezza (in caso di aumento).
L'anoressica percepisce il suo corpo come
grasso e spesso si concentra su alcune parti che vede come grosse o
gonfie. L'idea di acquistare peso può essere terrorizzante per
l'anoressica anche perché spesso si associa
alla sensazione di perdere il controllo senza poterlo più
riacquistare.
Le anoressiche sono
spesso iperattive in campo fisico e/o intellettuale. Soprattutto
all'inizio mostrano una forza di volontà e una caparbietà che fa
loro ottenere dei successi. Successi che spesso sono oggetto di
apprezzamento da parte della famiglia. Nelle fasi più avanzate però
si perde pure la capacità di studiare con conseguenti fallimenti in
quei campi in cui si erano dimostrate brillanti.
È stato più volte osservato come l'anoressia
abbia una frequenza maggiore in
determinati ambiti, come quello della danza o
della moda, dove il non mangiare e il rimanere molto al di sotto
del peso normale può essere una risposta ad una richiesta più o
meno implicita. L'interesse per le attività sociali, poi, nonché
per le relazioni amorose è molto scarso. Dietro
l'anoressia si può nascondere più o meno
celatamente il desiderio di ritornare ad un corpo infantile, non
sessuato.
La famiglia del paziente con
anoressia
Sono state individuate delle caratteristiche
piuttosto ricorrenti nelle famiglie delle
pazienti anoressiche.Spesso la coppia
genitoriale presenta un'armonia di superficie. Il padre tende ad
essere cordiale e permissivo, e ad avere poca voce in capitolo
rispetto alla madre che è stata definita come fredda e poco
accogliente. In genere le madri delle
pazienti anoressiche vengono descritte
come più preoccupate degli aspetti di funzionamento concreto della
figlia piuttosto che disposte ad accogliere altri aspetti più
immaginativi o di fragilità. Sembra che si possa osservare un padre
più con funzioni di madre e una madre più con funzioni di padre. Le
figlie potrebbero essere state oggetto delle aspettative materne
soprattutto dal punto di vista fisico.
Nelle famiglie
delle anoressiche, col procedere dei sintomi
e delle conseguenti preoccupazioni, sembra accrescere la dipendenza
reciproca. È una dipendenza fondata sulla colpa, da un lato la
colpa di non riuscire a nutrire a sufficienza la figlia, dall'altro
la colpa derivante da tutti i tentativi di farla mangiare. Spesso i
comportamenti dell'anoressica suscitano
tensioni tra i membri familiari. I parenti
delle anoressichevivono nella difficoltà di
non dire niente e stare a guardare o obbligare con risultati
praticamente nulli l'anoressica a mangiare. A
tavola le anoressiche si sentono
osservate e spesso finiscono per mangiare da sole al fine di
evitare gli sguardi che sentono come intrusivi. Spesso
le anoressiche cominciano ad occuparsi
dei pasti di tutta la famiglia cercando di esercitare un controllo
anche su quello che mangiano gli altri.
Complicazioni
dell'anoressia
Le problematiche
dell'anoressia dipendono dell'entità del
dimagrimento e dalla durata. Innanzi tutto affinché venga fatta una
diagnosi di anoressia nervosa è
necessario che il peso corporeo non superi l'85 per cento del peso
previsto per l'altezza. In queste situazioni diminuisce il
pannicolo adiposo (accumulo di grasso sottocutaneo), le palpebre
diventano secche e i capelli fragili. È possibile un'ipertricosi
reattiva (un aumento della peluria). L'amenorrea (assenza di
mestruazione) può essere primaria in caso di soggetti molto giovani
che non abbiano avuto il menarca o, più spesso, secondaria, dovuta
al "disinnesco" dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Le
concentrazioni di FSH (ormone follicolo stimolante) e LH (ormone
luteinizzante) sono molto più basse della media.
L'anoressia può comportare
una poliuria dovuta ad una riduzione dell'ormone antidiuretico a
cui si associa una riduzione della sensibilità renale. Possono
verificarsi anemia ipocromica e iposideremica. A causa delle
carenze nutrizionali e del basso livello di estrogeni è possibile
che si verifichi un'osteoporosi che sembra essere recuperabile con
la ripresa ponderale. Nell'anoressia è
frequente un'ipotonia e ipotrofia muscolare. È ancora in
discussione se le alterazioni endocrine, ipotalamiche e ipofisarie
siano primarie e quindi causa dell'anoressia o secondarie, quindi
dovute alla denutrizione. Non sono da escludere fattori emozionali
che possano evocare risposte in grado di alterare il substrato
biologico.
Trattamenti
dell'anoressia
La maggior parte delle volte è necessario
stabilire con l'anoressica e la sua famiglia
un "contratto" terapeutico. I metodi coercitivi hanno di solito
scarso successo, mentre ciò che risulta fondamentale è la
motivazione del paziente associata ad un coinvolgimento familiare.
Il caso dell'anoressia è, comunque,
particolare. Spesso, in realtà, in quei casi in cui la consunzione
sia arrivata a limiti quasi incompatibili con le funzioni vitali, è
necessario un ricovero o un'ospedalizzazione. In particolare
l'ospedalizzazione del paziente
con anoressia è necessaria in casi di
perdita della coscienza o della vigilanza, dimagrimento
estremamente rapido, prostrazione e affaticamento lamentato dalla
stessa paziente. Il contratto in genere prevede l'impegno da parte
della paziente ad un recupero progressivo del peso. A questo sarà
associata una terapia individuale, di gruppo o familiare. Accanto
al lavoro con la pazienteanoressica è
necessaria una presa in carico dei genitori o dei
familiari.
La difficoltà di trattamento con
le pazienti anoressiche risiede nel
fatto che esse non si rendono conto della gravità della loro
condizione; il dimagrimento spaventoso agli occhi della famiglia e
degli operatori è per l'anoressica motivo di
orgoglio e autostima. Per molto tempo la strategia elettiva per il
trattamento dell'anoressia è stato
l'isolamento e l'allontanamento dal nucleo familiare. Questo è
spesso utilizzato per cercare di uscire dall'empasse in cui si
trovano le anoressiche e le loro
famiglie. Il fine è quello di fermare la caduta ponderale,
interrompere la serie di comportamenti reattivi familiari, rendere
possibile e credibile il recupero, inserendolo all'interno di un
percorso psicoterapeutico.
La durata dell'ospedalizzazione
dell'anoressia va, di solito, dai 3 ai 6 mesi. Spesso
viene fatto un contratto terapeutico, per cui le dimissioni o la
ripresa dei contatti saranno possibili solo una volta raggiunto un
certo peso. Anche nel caso di separazione
dell'anoressica dal gruppo familiare sarà
necessario offrire ai genitori un sostegno, a livello individuale,
di coppia o di gruppo.
Il trattamento farmacologico
dell'anoressia, per lo più integrato con una psicoterapia,
si basa sull'utilizzo
di antidepressivi.
La bulimia nervosa
L'abbuffata è la caratteristica principale
della bulimia nervosa. Non sono pochi i casi
in cui il comportamento bulimico è scaturito da un periodo di
dieta e di ridotto introito calorico. Normalmente l'assunzione di
cibo, in particolare dei carboidrati, permette, attraverso una
serie di meccanismi, di avere determinati livelli di serotonina (un
neurotrasmettitore). La presenza di serotonina è, infatti, connessa
con le sensazioni di sazietà. La crisi bulimica si inserirebbe,
dunque, in un quadro di riduzione della serotonina come misura atta
a compensare un disfunzione del sistema che regola la serotonina.
La dieta comporta dunque una carenza del neurotrasmettitore che
segnala all'organismo il senso di sazietà e permette di smettere di
cibarsi. In assenza di serotonina non si sente la sazietà e dunque
i pasti possono assumere proporzioni gigantesche. In queste crisi i
soggetti sembrano infatti avere una fame senza
fine.
La crisi bulimica
La crisi bulimica è
solitamente preceduta da un periodo di tensione.
La persona si ritrova preda di una sorta di
eccitazione, confusione e malessere.
L'abbuffata può avvenire in
due modi: il primo, meno frequente, prevede una sorta di
preparazione rituale, cucinando e apparecchiando la
tavola.
Il secondo, molto più frequente, è talmente
improvviso che la persona si ritrova a mangiare in tutta fretta
alimenti cucinati e non. Il cibo non viene gustato, né masticato,
spesso viene rubato.
L'abbuffata avviene sempre
in solitudine e ha fine nel momento in cui si viene sorpresi, il
cibo è finito o la quantità è stata talmente elevata da provocare
un forte malessere. In seguito
all'abbuffata possono presentarsi dolori di
stomaco, mal di testa e nausea, nonché forti sensi di colpa,
vergogna e umiliazione. L'esito finale è l'addormentamento o il
vomito. Successivamente, i ricordi sono confusi, è presente una
sorta di oblio, insieme a un senso di vuoto, noia e ansia. Sono
frequenti l'abuso di sostanze e, al contrario delle anoressiche,
un'iperattività sessuale.
La famiglia delle pazienti con
bulimia
Solo raramente le pazienti bulimiche provengono
da un contesto familiare assimilabile a quello delle anoressiche
(nuclei molto uniti con forti tensioni interne, spesso mascherate).
Più spesso le famiglie sono caotiche e con una conflittualità più
esplicita e si rileva una discreta frequenza di familiari con un
passato di tipo psichiatrico.
Sembra che nelle famiglie delle bulimiche ci sia
la tendenza ad utilizzare la paziente come "ricettacolo" di tutti
gli aspetti meno apprezzabili. Tutta la cattiveria e l'impulsività
verranno convogliati sulla bulimica che
col suo disturbo mette in atto questi meccanismi familiari. Il cibo
diventa qualcosa da ingurgitare avidamente e vomitare come una
cattiveria che una volta ricevuta dagli altri si vuole ributtare
fuori. Sono frequenti i casi di abuso sessuale.
Complicazioni della
bulimia
Il frequente ricorso al vomito, ai lassativi e ai
diuretici può portare a delle complicazioni molto severe. Innanzi
tutto queste condotte di eliminazione possono causare
unosquilibrio elettrolitico capace di portare
ad un arresto cardiaco. Inoltre possono
esserci lacerazione dell'esofago o gastriche.
Anche i denti, troppo spesso a contatto con i
succhi gastrici possono risentire del vomito auto-indotto.
L'associazione dellabulimia con i disturbi di
personalità deve mettere in guardia rispetto al rischio di
suicidio.
Trattamenti della bulimia
nervosa
La bulimia nervosa ha
esiti migliori quando viene trattata. Per quanto riguarda le
psicoterapie, le proposte per i
pazienti bulimici sono numerose. Ciò che
si osserva, con i pazienti bulimici, è la difficoltà di instaurare
un'alleanza terapeutica, necessaria per il buon esito del
trattamento. Sono, infatti, pazienti che tendono ad interrompere la
terapia, ad alternare momenti di investimento su questa a momenti
di fuga.
Tra
le psicoterapie per
la bulimia ricordiamo la psicoanalisi,
le terapie psicodinamiche individuali o di gruppo, lo psicodramma,
le terapie cognitivo-comportamentali. Queste ultime spesso di
focalizzano sull'educazione alimentare e
dietetica.
Per quanto riguarda i farmaci per la
bulimia, si sono dimostrati efficaci
gliantidepressivi, in particolare quelli che
agiscono sui livelli di serotonina. Il problema è che spesso questi
pazienti rifiutano i farmaci per paura di diventare dipendenti o di
farne un uso smisurato. Questa è, in effetti, una preoccupazione
che coinvolge anche gli psicologi e i medici consapevoli della
tendenza di questi pazienti a condotte di abuso.
Obesità
Per obesità si intende un aumento patologico del peso e dei pannicoli adiposi. Chiaramente per poter parlare di peso superiore oinferiore al "peso ideale" è necessario specificare a cosa si riferiscono questi parametri. Probabilmente dopo l'introduzione degli "Indici di Massa Corporea" (Body Mass Index - BMI) è divenuto più facile classificare l'obesità adulta rispetto all'obesità infantile. L'IMC mette in relazione il peso in chilogrammi e l'altezza in metri al quadrato.
Una valutazione più precisa, che tenga in
considerazione la proporzione tra massa magra e massa grassa, è la
misurazione delle pliche adipose
sottocutanee. In genere questa misurazione si fa in alcune
parti del corpo come la zona addominale, sottoscapolare e
tricipitale.
Inoltre, attraverso l'analisi
dell'impendenza bioelettrica (un esame che permette
di stabilire la quantità di acqua corporea e di massa magra
muscolare), è possibile capire quali percentuali nel peso totale
dell'individuo siano dovute ai muscoli o all'acqua anche sotto
forma di eccessiva ritenzione idrica. Questi esami più specifici
sono utili in quanto il semplice calcolo della BMI rischierebbe di
far ricadere ad esempio un atleta con una notevole massa muscolare
nella categoria degli obesi.
Per quanto riguarda
i bambini in genere vengono
definiti sovrappeso quelli con un peso
che supera del 10-20 per cento il peso ideale, mentre vengono
definiti obesi i bambini che superano il peso ideale di oltre il 20
per cento. L'aumento ponderale dei bambini si calcola in
riferimento alle tabelle dei percentili, che sono dei grafici che
riuniscono i valori percentuali di peso e altezza, facendo
distinzioni di sesso ed età. La crescita è nella norma se si pone
intorno al 50° percentile.
Diffusione
dell'obesità
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha
lanciato l'allarme, parlando dell'obesitàcome di
un'epidemia. In Europa si stima che più della metà della
popolazione adulta sia al di sopra della soglia
di sovrappeso e che il 20-30 per cento
degli adulti rientri all'interno della soglia clinica
dell'obesità. In Europa
un bambino su cinque
èsovrappeso o obeso. In
Italia la percentuale di bambini
sovrappeso è del 20 per cento mentre
i bambini obesi rappresentano il 4 per
cento. L'incidenza dell'obesità è maggiore
nella fascia d'età compresa tra i 6 e i 13 anni e sono colpiti
soprattutto i maschi. Il problema è ancora più grave negli Stati
Uniti dove le percentuali di individui obesi
o sovrappeso è doppia rispetto
all'Europa.
Obesità infantile e vita
adulta
L'obesità ha spesso
un'origine lontana, nell'infanzia, tanto che l'obesità
adulta non è altro che la persistenza
dell'obesità infantile. Degli studi retrospettivi
hanno evidenziato che il 25 per cento dei casi
di obesità nei bambini e negli
adolescenti ha avuto inizio nel primo anno di vita, il 50 per cento
prima dei 4 anni e il 75 per cento prima dei 6
anni.
Perché tanti bambini
obesi e soprattutto perché spesso rimangono
tali?
L'obesità nell'infanzia è causata da molteplici fattori. In primo luogo risulta importante la famiglia e il suo ruolo nella nutrizione e nell'educazione alimentare. Fattori riconosciuti sono inoltre la ridotta attività fisica e fattori di tipo genetico/familiare. Sono invece rari i casi di obesità dovuta ad alterazioni ormonali (come l'ipotiroidismo) o a disfunzioni surrenali. L'OMS ha sottolineato l'importanza nel trattamento e nella prevenzione dell'obesità di tre elementi:
Queste indicazioni per prevenire
l'obesità trovano un grande sostegno se pensiamo che
un'alimentazione eccessiva nei primi due anni di vita causa da una
parte l'aumento del volume delle cellule adipose, dall'altra un
aumento del loro numero. Questo implica che una persona con un
numero maggiore di cellule adipose avrà maggiori difficoltà
rispetto ad una persona con un numero normale a mantenere un peso
nei limiti. Se, infatti, è possibile diminuire il volume delle
cellule, non è possibile eliminarle. Un peso normale nella prima
infanzia sembra dunque essere un elemento protettivo nella vita
adulta.
Comportamenti frequenti nei soggetti
obesi
I comportamenti che si riscontrano con maggior
frequenza nei soggetti obesi sono
l'iperfagia e l'atto
di piluccare. Quest'ultimo, soprattutto, non
è quasi mai connesso con la fame, sensazione che presenta
caratteristiche problematiche in queste persone. Diversamente dagli
altri disturbi dell'alimentazione le crisi bulimiche non sono
frequenti. Non c'è una particolare correlazione tra
l'obesità e particolari disturbi
psichiatrici. Sono documentati dei casi
di obesità associata a nevrosi o
psicosi, ma non si tratta della norma.
Caratteristiche molto più frequenti sono un
atteggiamento passivo e l'inattività che sembra avere sul peso
maggiori effetti dell'iperfagia. A questi elementi si associa
spesso un senso di vuoto, inutilità e noia, uniti ad elementi
depressivi. Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella vita adulta la
persona obesa sarà spesso in difficoltà
a causa del suo aspetto fisico che tanto si allontana dai canoni
socialmente accettati. Il rischio è che la
persona obesa tenda ad isolarsi e a
mettere le distanze più di quanto già non faccia col proprio corpo.
Spesso, infatti, il grasso rappresenta una difesa dal mondo
esterno, dagli altri, dalla sessualità. È una sorta di barriera
difensiva che protegge un sé fragile, insicuro.
Il momento dell'adolescenza può essere
considerato un momento di svolta, a volte anche grazie agli stimoli
sociali. Quello che era il bambino dipendente dal cibo fornito dai
genitori, diventa un adolescente che desidera entrare in un gruppo
di pari, di persone simili. Questa può essere una spinta positiva
in quei casi di obesità dovuti ad
iperfagia familiare. Può essere il momento in cui l'adolescente
trova una motivazione per affrancarsi dallo scorretto modello
alimentare familiare.
La famiglia del soggetto con
obesità
È difficile, nel momento in cui si voglia pensare
ad ipotesi eziologiche (causali), distinguere tra la familiarità in
termini genetici e familiarità in termini di scorrette abitudini
alimentari. È in ogni caso fuori di dubbio che avere uno o entrambi
i genitori sovrappeso aumenti la probabilità che i figli abbiano lo
stesso problema. Un'indagine Istat ha rilevato che il 18 per cento
dei ragazzi rischia di
essere sovrappeso o obesonel
caso in cui nessuno dei due genitori manifesti questo problema. La
percentuale di
ragazzi sovrappeso o obesi sale
al 24,8 per cento nel caso il problema sia presente nel padre e al
25,4 se presente nella madre, per arrivare al 34 per cento in caso
di entrambi i
genitori sovrappeso o obesi.
Si ritiene che le differenze tra bambini e adolescenti normopeso e
obesi risiedano nella difficoltà di questi ultimi a discriminare i
loro stati fisiologici di fame e sazietà. Questa difficoltà ha
origine da una situazione caotica relativa alla
nutrizione.
I bambini molto piccoli non riescono a
discriminare come gli adulti i loro stati fisiologici. I bambini
sentono uno stato di malessere, di tensione e cercano di
comunicarlo col pianto. Le madri, in genere imparano molto presto a
riconoscere il tipo di pianto del loro bambino. Quando una madre
riesce a cogliere le diverse necessità del bambino, non solo
fornirà al bambino le cure di cui ha bisogno che potranno essere di
volta in volta legate alla sete, al pannolino bagnato, al bisogno
di essere preso in braccio o di condividere l'attenzione su un
oggetto, ma permetterà al figlio di imparare a discriminare tra i
suoi stati fisiologici.
Spesso le madri
di bambini e futuri
adulti obesi hanno troppo spesso
risposto al malessere o alle comunicazioni del bambino, con
un'offerta indiscriminata di cibo, non consentendo al loro piccolo
di imparare a discriminare la fame dalla sazietà e da altri
bisogni. Questo comportamento si riproduce poi nel tempo. I
bambini, gli adolescenti e gli adulti che hanno sperimentato questa
situazione caotica avranno in seguito la tendenza ad assumere cibo
ogni qual volta si troveranno di fronte ad uno stato di malessere,
tensione o qualsiasi stato che essi non riescono a differenziare.
Lo stesso trattamento che hanno ricevuto dalle loro madri che
rispondevano col cibo a qualsiasi loro
richiesta.
Complicazioni
dell'obesità
Il bambino obeso ha
elevate probabilità di soffrire di disturbi dell'apparato
digerente; disturbi respiratori come una maggiore affaticabilità e
apnee notturne; problemi alle articolazioni come una riduzione
della motilità, varismo o valgismo agli arti inferiori (gambe
arcuate o a X). Inoltre il bambino obeso rischia di cadere in un
circolo vizioso, in quanto il suo peso gli renderà difficile
intraprendere delle attività fisiche che potrebbero essere del
tutto abbandonate, e quindi comportare un'ulteriore immobilismo con
conseguente crescita ponderale.
Gli adulti obesi hanno
elevate probabilità di incorrere in patologie cardiovascolari,
muscolo-scheletriche come l'artrosi, metaboliche come il diabete e
anche tumorali a livello dell'apparato
gastroenterico.
Trattamenti
dell'obesità
Le raccomandazioni dell'OMS e del Ministero della
Salute fanno un chiaro riferimento alla prevenzione, ad una
corretta nutrizione, al ruolo della famiglia e all'attività fisica.
Ma qual è l'obiettivo di una terapia contro
l'obesità? Molti studi ci dicono che mirare al sintomo e
quindi alla riduzione del peso può non essere sufficiente e anzi
portare la persona obesa a sperimentare
stati altalenanti e pericolosi di fluttuazione del peso
corporeo.
L'intervento contro
l'obesità deve innanzi tutto essere mirato a
raggiungere la consapevolezza del proprio corpo, delle sensazioni
che da questo provengono, della capacità di discriminarle. Senza il
raggiungimento di questo obiettivo primario, probabilmente ogni
dimagrimento faticosamente raggiunto con diete ed esercizio fisico
sarà destinato a fallire. Per contrastare
l'obesità è necessario un intervento che
coinvolga vari specialisti. È importante, quindi, unire ad un
lavoro psicologico la professionalità del medico curante e del
dietista. Talvolta sarà necessaria una vera e propria educazione
alimentare, per le persone interessate e per i
familiari.
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