IERSA onlus
Ricerca degli antichi sapori di Sicilia, birra, pasticceria, conserve, liquori, editoria culinaria.
Le nostre birre dedicate agli
storici e millenari mercati di Palermo:
>> Vucciria >> Ballarò >> U'
Capu.
l'Orzo distico lo produciamo per farne malto da birra, produciamo anche il luppolo e gli aromatizzanti per dargli un vestito tutto siciliano come la lenticchia di Ustica, i ceci, le carrube, le arance, il miele d'acacia, la cioccolata di Modica, il mosto di uva zibibbo e tanta passione e tanta acqua purissima.....il nostro motto per la tua birra a Km zero è "dall'orzo...al tuo bicchiere !!" Prosit !!
Il nostro birrificio ha sempre dedicato un'attenzione particolare
agli aspetti antropologici del territorio e della regionalità.
Infatti è stata dedicata agli storici e millenari mercati di
Palermo, Ballarò, Vucciria e U'
Capu, una linea di birre molto particolari.
Prosit..Prosit...Prosit
La cassata è il distintivo della sicilianità nel mondo, pan di
spagna, ricotta di pecora, frutta candita, pasta
reale.
Gli arancini e/o (in siciliano) le arancine palermitane con carne, con burro e prosciutto, con cioccolata, etc........
BREVE STORIA DELLA CUCINA SICILIANA
“Noi siciliani siamo gente piuttosto impegnativa; pensate un po’ alla caponata, un piatto unico che è una miscellanea di infiniti sapori che racchiude tutto, fantasia, arte,cultura, ingegno, storia !!”
Adagiata al centro del Mediterraneo, fra il Tirreno e lo Ionio, fin da epoche remote la Sicilia è stata un approdo naturale per navigatori e commercianti.
La sua posizione geografica ha favorito l'incontro di popoli e civiltà: è nata così una gastronomia complessa ed articolata grazie al contributo di tutte le culture stabilitesi in Sicilia negli ultimi tre millenni. L'isola fu colonizzata da Fenici, Cartaginesi, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Spagnoli, Francesi, Borboni i quali hanno lasciato un segno indelebile nella tradizione gastronomica siciliana: introdussero il pane con le sue molteplici ricette e la buona norma di sfornarlo più volte durante l'arco della giornata, così da poter essere sempre consumato fresco.
In Sicilia tuttora ne sono presenti numerose varietà, spesso arricchite con il sesamo detto "cimino" o "giuggiulena".
I popoli antichi ci insegnarono inoltre il trattamento delle olive, la salatura della ricotta (per poterla conservare più a lungo), l'allevamento delle api.
Nel III secolo a.C. la Sicilia divenne una delle principali province romane. Gastronomicamente i Romani fecero scuola per quanto riguarda la farcitura di pesci e verdure, la,preparazione delle salsicce e la conservazione della neve dell'Etna per preparazioni a base di frutta.
I gelati e le granite sono così entrati a far parte delle abitudini culinarie siciliane e vengono prodotti in centinaia di gusti differenti. Tra il V e VI secolo d.C. l'isola cadde sotto la dominazione dei Vandali e degli Ostrogoti i quali lasciarono soltanto una decadenza culturale ed economia. Successivamente passò sotto il dominio Bizantino, che ne mantenne il controllo per circa tre secoli. Pur non lasciando nessuna ricetta tradizionale degna di rilievo, i Bizantini tramandarono la pratica di arrostire allo spiedo la carne nonché la stagionatura e la lavorazione dei formaggi per renderli piccanti e più saporiti; introdussero infine alcune spezie. Una svolta gastronomica avvenne nel 965, quando gli Arabi, diventati veri e propri padroni dell'Isola, introdussero la canna da zucchero, il riso, gli agrumi e l'uso delle droghe. La pasticceria diviene inimitabile, così nacque la celebre "cassata" e la "cubbaita", un torrone di miele, semi di sesamo e mandorle. Si ebbe così l'evento di una cucina arabo-sicula la cui influenza si estese a tutto il bacino occidentale del Mediterraneo. Sono innumerevoli le ricette che arricchirono in quel tempo il patrimonio gastronomico insulare e si può affermare che la cucina siciliana, nell'anno Mille, primeggiava su tutte le altre cucine europee.
LA CUCINA POPOLARE
In Sicilia già allora esisteva la pasta e molte erano le ricette con i vermicelli, precursori degli spaghetti; era operativo anche un servizio di spedizioni di pasta seccata in vari territori musulmani e cristiani. Tra i vari piatti, ancor oggi in uso, è impossibile non citare il "cuscusu" elaborazione del cuscus arabo.
Sempre durante la dominazione araba si diffuse l'uso del sorbetto non molto dissimile da quello odierno, e di gran lunga più raffinato rispetto alle bevande ghiacciate consumate nel resto d'Europa. Dopo appena un secolo di dominazione araba, nell'XI secolo, i Normanni costituirono il regno di Sicilia. Federico II, promulgatore delle arti e delle scienze, fu fautore di un periodo di grande splendore culturale, che ebbe il suo fulcro a Palermo, in quel periodo venne considerata Caput Mundi.
La gastronomia mantenne le caratteristiche siculo-arabe, ma altre nuove pietanze fecero la loro comparsa; in particolare il pesce conservato o salato: le aringhe affumicate, il baccalà e lo stoccafisso ne sono un chiaro esempio. Tuttora la pratica vive in piatti tipici come lo "stoccafisso alla messinese".
Un capitolo a parte meritano i dolci, spesso a base di frutta, sia fresca che secca. Sovente legati a tradizioni religiose, i dolci siciliani sono ricchissimi. Le monache di numerosi monasteri elaborarono svariate ricette. Molto utilizzata la ricotta di pecora, ma anche il cioccolato che a Modica viene lavorato artigianalmente e che a Palermo viene adoperato, in sette varietà diverse nella famosa ed esclusiva torta "Setteveli". Con gli Aragonesi, nel XIII secolo, la cucina siciliana si arricchì ulteriormente, nacquero così le preparazioni fritte.
Si fa risalire a quest'epoca il "farsumagru", piatto a base di carne, opera dei "monsù", cuochi provetti delle grandi famiglie nobili dell'Isola.
In questo stesso periodo giunsero in Sicilia, grazie ai commerci con il Medio Oriente le melanzane, che trovarono nella gastronomia siciliana ottima accoglienza: fritte, imbottite, trasformate in caponate, cotte alla griglia, sott'olio, abbinate a preparazioni a base di riso e pasta, sono ancora oggi le dominatrici della cucina insulare.
Gli Spagnoli importarono dall'America alcuni prodotti ancora non conosciuti in Europa: pomodori, peperoni, granturco, patate, fagioli, cacao e vaniglia.
Le successive vicende dell'Isola, dall'assegnazione ai Savoia all'insediamento dei Borbone fino all'annessione al Regno d'Italia non influirono sulla cucina locale, che aveva ormai una tradizione ben salda. Non esistono sostanziali differenze nelle ricette tra una zona e l'altra dell'Isola, salvo alcune specialità locali.
La cucina si basa su cinque alimenti fondamentali:
la pasta, il pesce, i formaggi, le verdure e i dolci.
La carne bovina occupa un posto secondario (utilizzata di rado e per lo più in forma di frattaglie), in quanto proveniente da animali impiegati nei lavori agricoli e quindi con le carni dure e stoppose. Questo problema si risolse macinandola o tagliandola a fettine sottili, usanza dalla quale nasce una numerosa varietà di polpette e involtini farciti. Maggior rilievo ha la carne suina; ricca e molto varia la produzione di salsicce fresche e insaccate stagionate da affettare. Nell'Isola gli ovini sono sempre stati allevati e i piatti a base di agnello e capretto in umido o arrosto fanno parte della tradizione culinaria. Con il latte di capra e pecora si preparano svariati formaggi e ricotte freschissime. Immancabili nel pasto dei siciliani sono la pasta o un piatto di legumi (fave fresche o secche, lenticchie, farro, ceci). La pasta, regina delle tavole, viene condita nei modi più fantasiosi. Un tempo era uso comune prepararla fresca in casa. Farina di grano duro, acqua, sale e una lunga ed energica lavorazione: da questo impasto venivano ricavati formati diversi, ma i più famosi restano i maccheroni, il bucato o "busiato" e il bucatino, lo spaghetto e le lasagne. Nei piatti si usa esclusivamente l'olio extravergine d'oliva, sia per cucinare che per condire. Il burro è poco utilizzatole la sugna viene adoperata solo per ammorbidire l'impasto di alcuni dolci. Il sale è marino ed i piatti sono impreziositi dalle erbe aromatiche che crescono in abbondanza: basilico, prezzemolo, menta, alloro, rosmarino, cipolle e finocchietto selvatico, insieme a gelsomino, pinoli, uva passa, pangrattato tostato ("muddica"), scorza d'arancia, succo di limone ecc. Caratteristico di tante preparazioni è l'agrodolce. Molto utilizzate anche mandorle, nocciole e pistacchi, sia nella preparazione di dolci e di bevande che per condire pasta e riso.
CUCINA POVERA MA RICCA DI GUSTO STRAORDINARIO
Sono piatti che per la loro semplicità e per la scarsezza degli ingredienti sono stati definiti "piatti poveri" del popolo.
Gli ingredienti adoperati per realizzarli sono principalmente verdure e ortaggi di produzione locale, pesce, soprattutto quello azzurro - che lo splendido mare che circonda l'isola offre abbondantemente - e carne nelle sue parti meno nobili come le interiora, la testa, il collo, la coda o le zampe.
Questa "povertà" di ingredienti si miscela però sapientemente con la ricchezza di fantasia nel prepararli, frutto dalla fusione delle differenti civiltà che si sono succedute in Sicilia e che hanno lasciato anche nella cucina il segno tangibile del loro passaggio. È per questo che la "povertà" in Sicilia non è mai squallida ma dignitosa, e la cucina "povera" in questa meravigliosa Isola ne è un esempio. Molto spesso era un solo piatto a costituire il menù del pranzo o della cena di una famiglia, quindi il piatto stesso diventava semplicemente
"u cumpanaggiu" che accompagnava il pane. La caratteristica fondamentale della cucina siciliana sta nel fatto che uno stesso piatto può essere preparato in una versione più ricca e una più modesta. Si parte cioè da una base semplice, che poi viene arricchita di ingredienti e sapori complementari. Alla cucina povera appartengono le "sfinci", frittelle di antichissima tradizione tipiche della Sicilia occidentale, preparate in occasione delle feste di fine anno. Si ottengono con farina, patate lesse schiacciate, lievito, sale e semi di finocchio. Ridotta in ciambelle, la pasta viene fritta con olio o, meglio, strutto e vanno servite calde, spolverizzate di zucchero.
Altro piatto povero sono le "sarde a beccafico", il 'beccafico' è un piccolo uccello che d'estate, nel periodo di maturazione dei fichi, essendone ghiotto, ne mangia in abbondanza ingrossando a dismisura. La sarda a beccafico è un involtino creato con le sarde e con un riempimento che le fa apparire grosse appunto come i beccafichi. Queste si preparano togliendo alle sarde la testa, le interiora, la lisca lasciando la coda, ed aprendole a libro. Per la forma assunta che assomiglia ad una lingua, vengono dette 'allinguate'.
Molte ricette della cucina siciliana cosiddetta povera, ruotano attorno al concetto di "involtino". L'involtino si realizza con un ingrediente di pregio e con un riempimento formato da componenti poveri. L'ingrediente di pregio è quello proteico e può essere sia carne che pesce. Va detto che quando è carne viene selezionata tra le parti meno pregiate e quando è pesce tra pesci poco costosi o da loro parti solitamente ritenute di scarto.
Gli involtini di carne si realizzano partendo dal secondo taglio affettato molto sottilmente, in modo tale che la carne ci sia, ma senza costituire alla fine l'ingrediente prevalente del piatto. Gli antipasti non fanno parte della tradizione; quelli esposti nei ristoranti altro non sono che il companatico o il secondo piatto - se non l'unico - della cucina povera: frittatine, pomodori secchi, olive condite, melanzane, verdure domestiche e selvatiche. Senza pane in Sicilia non si va a tavola, sarebbe inconcepibile. Ogni paese, ogni città vanta decine di qualità di pane, diverse per l'impasto, la forma, il tempo di lievitazione o di cottura: ed infiniti sono i nomi che si danno ai pani per distinguerli gli uni dagli altri. Il pane è alimento base, realizzato con lavorazioni antiche, ricoperto con semi di cumino e finocchio; particolarissimo è il "pane allo zafferano" morbido e saporito, di origine araba.
"Pane e panelle" sono un cibo poverissimo quanto radicato nelle tradizioni di questa cucina: un panino o due fette di pane vengono farcite con la panella, una frittella salata realizzata >con farina di ceci. Altrettanto numerosi sono i bellissimi pani 'Votivi" o "festivi", vere e proprie opere d'arte, preparati appositamente per alcune feste patronali, con il preciso intento di simbologia protettiva. Il siciliano nutre per il pane un profondo rispetto: se ne cade un pezzo per terra, lo raccoglie e lo bacia.
Questa cucina prevede l'apporto - seppure modesto - della carne di maiale, che spesso viene lavorata per confezionare salsicce che servono anche per preparare un ragù con cui condire i maccheroni tradizionali per il carnevale detti "maccaruna ca sasizza".
La carne più in uso è però quella di agnello o di pecora che nelle campagne per le grandi occasioni viene cotta allo spiedo organizzato all'aperto con grandi fuochi dove si bruciano, oltre alla legna, anche rami di rosmarino ed erbe aromatiche che profumano l'arrosto.
Tra le preparazioni risultano più numerose quelle che utilizzano le parti meno costose, come le interiora: sono nate così alcune specialità estremamente gustose, come il fegato nella rete, il cuore ripieno, la gelatina di maiale "zuzzu", la gamma di piatti a base di trippa e le animelle. La produzione di caci e ricotte in tutta l'Isola è antichissima: sono stati il classico companatico per colazioni, pranzi e cene di intere generazioni.
Commenti
La nostra birra, i nostri liquori , le marmellate e le conserve sono prodotti artigianalmente come venivano fatti cento anni fa, e di più, dalle nostre nonne, utilizzando frutta, cereali e aromi da coltivazione biologica,
La nostra ricerca antropologica ci ha permesso di potere riprodurre fedelmente le ricette
delle nostre nonne, delle loro madri e delle loro nonne, oggi è possibile gustare quegli antichi sapori che sono le nostre radici, quelle Siciliane.
Nella birra
artigianale "Re di denari" e "Fellahs" è possibile trovare in fondo
alla bottiglia qualche sedimento causato dal metodo usato, doppio
malto scura, non filtrata e rifermentata in bottiglia.
Nelle marmellate, a testimonianza della loro genuinità e lavorazione artigianale, è possibile trovare qualche semino o filamento di fibra della frutta.
Nei liquori, mandarinello,
limonello e arancello, è possibile trovare in sospensione una
patina di colore più intenso, sono gli oli essenziali contenuti
nelle scorze degli agrumi utilizzati in infusione per ottanta
giorni che vengono ceduti all'alcool, infatti, noi non usiamo
essenze e/o altri artifizi come viene fatto nelle produzioni
industriali per grosse quantità e ..........
Basta agitare energicamente la bottiglia prima di servire ben freddo e gusterete il sapore fresco e genuino della frutta di sicilia come i mandarini bio, limoni bio e le arance bio.
Acquistando i prodotti artigianali della soc.coop. IERSA Onlus
si contribuisce al finanziamento per la realizzazione di un ambulatorio medico per l'assistenza all'infanzia nella provincia di Sofala (Beira) in Mozambico e a sud della regione dell'Oromia in Ethiopia.
Caio Giulio Cesare Mar 22nd, 2015 @ 06:07 PM
Ho letto la storia della cucina siciliana e appreso delle cose per me nuove. Complimenti per la vostra cooperativa e per il sito web.
Giulio